lunedì 3 ottobre 2016

Film visti: "The green prince - Il figlio di Hamas" di Nadav Schirman

"The green prince - Il figlio di Hamas" di Nadav Schirman (2015)

Sinossi: Cresciuto in Palestina, da adolescente Mosab Hassan Yousef sviluppa un'avversione nei confronti di Israele che, da ultimo, lo porta in prigione. Qui, colpito dalla brutalità di Hamas e spinto dalla repulsione per i metodi del gruppo – in particolare gli attentati suicidi – Mosab matura una "conversione" inaspettata, iniziando a vedere in Hamas un problema, non una soluzione. Reclutato dallo Shin Bet (il servizio di sicurezza interna d'Israele) col nome in codice di "Green Prince", per oltre un decennio spia dall'interno l'élite di Hamas, rischiando la vita e facendo i conti con la sensazione di tradire il suo popolo e la sua stessa famiglia. Nel tempo, il rapporto tra Mosab e il suo referente allo Shin Bet, Gonen Ben Yitzhak, si fa sempre più leale. Una lealtà che nessuno avrebbe potuto immaginare.

RECENSIONE (Sara Galignano per Cinemaitaliano.info, 12/3/2015):

The green prince - Il figlio di Hamas è più cose e molte cose non è.
È una lunga intervista a due voci che raccontano l’unicità della loro relazione e la fiducia sulla quale è arrivata a basarsi (un reclutatore dello Shin Bet - (servizi segreti interni israeliani - e il suo “reclutato”, figlio di un leader di Hamas che decide di collaborare con il “nemico”).
Non è la rappresentazione di ciò che accade in Israele e in Palestina da quasi cinquant’anni.
È l’occasione per vedere alcune (selezionate) immagini di repertorio - in alcuni casi quasi introvabili - delle manifestazioni della Cisgiordania durante la seconda Intifada e successive.
Non è il luogo dove trovare le origini di tutto ciò che accade in queste immagini e in quegli avvenimenti.
È la voce di un palestinese che si ribella alla violenza perpetrata da alcuni suoi connazionali.
Non è il resoconto che mostra tutti i luoghi in cui – di qua e di la del muro – si annida e si sfoga la violenza.
Sul fronte dello sguardo “che documenta” la rappresentazione è dunque originale e universale (ci sono persone che a volte riescono ad andare oltre i meccanismi nei quali sono inseriti) ma al tempo stesso parziale: nell'ampliare il racconto al contesto per ambientare la duplice intervista, si poteva allargare lo sguardo oltre le immagini scelte, che riportano lo stereotipo (fin troppo sclerotizzato) dei palestinesi gretti e terroristi (virtuosa eccezione, il protagonista sceglie di collaborare con Israele e di vivere negli Stati Uniti dove scrive un libro sulla sua esperienza) contro gli illuminati israeliani che agiscono solo quando obbligati alla difesa. Ma questa sarebbe stata un’altra storia, e bisogna volerla prima vedere e poi scrivere.

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