mercoledì 24 maggio 2017

Film visti: "Meduse" di Shira Geffen e Etgar Keret

"Meduse" di Shira Geffen e Etgar Keret (2007)

Sinossi: Tel Aviv. Batia si lascia con il proprio fidanzato poi va al suo lavoro di cameriera di banchetti nuziali. La sposa, rimasta chiusa in bagno, si rompe una caviglia ricadendo dopo aver scavalcato la porta, e così deve rinunciare al viaggio di nozze ai Caraibi.  Joy, una donna filippina impiegata come badante, vede morire l'anziana persona affidatale il primo giorno del suo incarico. Rifiuta il pagamento e trova subito un'altra cliente, anziana e scontrosa, con una figlia attrice.  Batia intanto, durante una passeggiata solitaria in spiaggia, trova una bambina, sola, con indosso solo un costumino e un salvagente dal quale non vuole separarsi. Recatasi alla polizia non risulta denunciata come scomparsa e, essendo il fine settimana, è pregata di tenerla con sé non essendoci servizi cui affidarla. La bambina non parla e Batia deve lavorare, dunque non sa come comportarsi. Intanto va a casa del padre per trovare degli indumenti di quando era piccola per poter vestire la bambina. Il padre convive con una ragazza molto giovane che vuole sposarlo. Lei è bulimica e fragile, lui le vuole bene ma cerca rassicurazioni dalla figlia che non arrivano.  Gli sposi trascorrono la loro luna di miele in un albergo sul mare ma hanno una serie di problemi logistici che sembrano terminare miracolosamente quando una scrittrice alloggiata nella suite migliore, decide, non senza ingelosire la novella sposa, di scambiare la propria camera con gli sfortunati sposini.  Batia, portando la bambina al lavoro, finisce per perdere entrambi... ma nella sfortuna fa la conoscenza di Naomi, fotografa, licenziata anche lei dall'organizzatore di banchetti matrimoniali. Vittima di un incidente stradale, scappa dall'ospedale dove le hanno fatto visita entrambi i genitori, ormai distratti e distanti. Trovata la propria casa allagata si reca da Naomi che la accoglie senza fare troppe domande.  Joy che soffre per aver lasciato il proprio bambino in patria, riesce abilmente a ricucire il rapporto tra l'anziana donna che accudisce e la figlia, anche se la cosa sembra avere breve durata. Quindi è disperata quando non trova più il regalo che aveva pensato di riportare al figlio, salvo poi scoprire che a comprarlo è stata proprio l'anziana che le ricambia un affetto inatteso e quindi ancor più gradito.  Gli sposi, finalmente accomodatisi, scoprono che la generosa scrittrice si è suicidata, dopo aver trovato nella bozza di una lettera lasciata nella camera dalla ragazza, le parole giuste per l'ultimo poetico saluto.  In fine, Batia ritorna in spiaggia dove rivede finalmente la bambina, la segue in mare rischiando di annegare. E in un finale in bilico tra fantasia e realtà è soffiata a riva dalla stessa bambina e tratta in salvo da Naomi che può vederla finalmente sorridere.

giovedì 11 maggio 2017

Film visti: "Free zone" di Amos Gitai

"Free zone" di Amos Gitai (2005)

Sinossi: Rebecca, una giovane americana in visita a Gerusalemme subito dopo aver rotto il fidanzamento, prende un taxi guidato da Hanna, una donna ebrea religiosa. Hanna è sulla strada per la zona del libero scambio della Giordania per riscattare un credito del marito, ferito poco prima in un attacco terroristico. Nella zona franca incontrano Laila, collegamento palestinese del marito con il mercato nero locale. Le tre donne partono per un viaggio pieno di tensione.  Il film si apre con una scena insolita in cui Rebecca grida nella massa in movimento e nel suo complesso si svolge con il sottofondo della canzone tradizionale pasquale di Chava Alberstein, "Had Gadia". La canzone è considerata una canzone di protesta politica contro l'occupazione israeliana. La canzone "Ain Ani" di Shotei Hanevua conclude il film.

sabato 10 dicembre 2016

Film visti da Sara: "Omor Shakhsiya / Personal affairs" di Maha Haj

"Omor Shakhsiya / Personal affairs" di Maha Haj (2016)

Sinossi: Nazareth. Una coppia matura manda avanti una quotidianità ormai stanca; neanche l’idea dell’imminente visita al figlio Hicham, emigrato da tempo in Svezia, li distrae. Dall’altra parte del confine, a Ramallah, la figlia Samar aspetta un bambino e si prende cura della nonna, mentre il fratello Tarek non ha alcuna intenzione di fidanzarsi con Maysa, un’amica di Samar. Il cui marito, invece, meccanico di professione, si vede proporre un ruolo in un film americano.

«Lo spazio riflette i personaggi, che hanno personalità molto diverse anche se appartengono alla stessa famiglia. Ho cercato di trasmetterlo con le immagini. Hicham, che vive in Svezia, è in armonia con il mondo. Il candore tranquillo della campagna contrasta in modo brusco con la confusione di Nazareth e Ramallah. Non a caso Tarek, il fratello, è vivace e a suo modo nevrotico, proprio come il posto in cui vive. A Nazareth, i loro genitori sono provati dalla routine e anche in questo caso la dimensione domestica funge da specchio. Ciò che mi premeva era evidenziare queste divergenz

Note: TFF34

Film visti: "Il tempo che ci rimane" di Elia Suleiman

"Il tempo che ci rimane" di Elia Suleiman (2009)

Sinossi: La storia recente dei palestinesi narrata, dalla fondazione di Israele a oggi, attraverso episodi quotidiani con spunti tratti dai ricordi del padre e della madre del regista. Il cineasta, a sette anni da Intervento divino, realizza un’opera di sorprendente classicità, tra piani fissi che sembrano estender(si) all’infinito nella profondità di campo e movimenti ritmici come la fuga, la marcia dei soldati, le traiettorie degli interni domestici, ma anche astratta, in cui il ricordo può con­fondersi con il sogno e il desiderio come quel memorabile momento del salto con l’asta che supera il muro costruito da Israele. Il silenzio diventa un urlo e una risata fragorosa e dolente. E dentro c’è l’inten­sità di tutta una vita.

lunedì 3 ottobre 2016

Film visti: "Oriented" di Jake Witzenfeld

"Oriented" di Jake Witzenfeld (2015)

Sinossi: Tre giovani amici palestinesi che vivono a Tel Aviv, tre modi personali, a volte convergenti, a volte discordanti, di vedere e vivere la propria omosessualità e la condizione di stranieri in "terra nemica", con tutte le scelte, le difficoltà e le gioie ad esse legate. Khader proviene da un'importante famiglia appartenente alla mafia araba e convive con David, ebreo, di professione promoter di eventi notturni LGBTQ. Fadi è un fervente nazionalista che ha sposato la causa dell'indipendenza della Palestina eppure si trova ad amare un sionista. Naim si deve confrontare con i propri famigliari, profondamente religiosi. Un doppio conflitto d'identità che per i tre protagonisti, sullo sfondo della guerra del giugno 2014, è il punto di partenza per una serie di riflessioni che finiscono per implicare l'intera questione del conflitto israelo-palestinese.

RECENSIONE (Sara Galignano per Cinemaitaliano.info, 11/5/2016):

(...) Nel panorama variegato, ma sempre ricostruito, che abbiamo osservato, arriva in ultimo (ed era ora!) il documentario israeliano Oriented di Jake Witzenfeld a immergere a piene mani il cinema nella realtà, e precisamente nelle vite di Ishader, Fadi e Naeem, tre amici gay palestinesi d’Israele. Senza filtro, ci affacciamo sulle loro vite private, assistiamo ai loro tormenti, tra le libertà che si concedono e le limitazioni a cui sono soggetti. Il confronto con le rispettive - e diversissime - famiglie (più o meno a conoscenza del loro essere omosessuali), i momenti pubblici che ne fanno soggetti attivi, in alcuni casi della lotta del popolo palestinese, in altri di quella LGBT, fino all’esperienza della vita: il caleidoscopico e liberatorio Pride di Berlino. Nonostante il grande e a tratti troppo evidente lavoro di sceneggiatura, che direziona la storia su binari prescelti e direttrici sovente scontate, i protagonisti conquistano e, nella loro diversità, la genuinità delle loro parole e azioni ci mostra un mondo di possibilità. Ci piacerà assistere - per ora i tempi non sono maturi - ad uno sguardo profondo sul reale di un mondo musulmano omosessuale che si osserva e riesce ad essere osservato. Intanto al TGLFF 2016 se n'è parlato.

Film visti: “Rock the Casbah” di Yariv Horowitz

Rock the Casbah” di Yariv Horowitz (2012)

Sinossi: È il 1989, durante la prima Intifada, e un gruppo di ragazzi israeliani viene portato a Gaza per presidiare un villaggio palestinese. I soldati sono chiaramente impreparati a gestire la situazione, che prevedibilmente sfugge di mano subito: in un inseguimento solitario, uno di loro resta ucciso da una lavatrice lanciata dal tetto di una casa. L’assurda disgrazia genera nuove assurdità: i soldati occupano la casa, di proprietà di una famiglia araba, e iniziano a stazionare sul tetto nel tentativo di controllare i movimenti nelle strade e trovare il colpevole dell’omicidio...


Film visti: "The green prince - Il figlio di Hamas" di Nadav Schirman

"The green prince - Il figlio di Hamas" di Nadav Schirman (2015)

Sinossi: Cresciuto in Palestina, da adolescente Mosab Hassan Yousef sviluppa un'avversione nei confronti di Israele che, da ultimo, lo porta in prigione. Qui, colpito dalla brutalità di Hamas e spinto dalla repulsione per i metodi del gruppo – in particolare gli attentati suicidi – Mosab matura una "conversione" inaspettata, iniziando a vedere in Hamas un problema, non una soluzione. Reclutato dallo Shin Bet (il servizio di sicurezza interna d'Israele) col nome in codice di "Green Prince", per oltre un decennio spia dall'interno l'élite di Hamas, rischiando la vita e facendo i conti con la sensazione di tradire il suo popolo e la sua stessa famiglia. Nel tempo, il rapporto tra Mosab e il suo referente allo Shin Bet, Gonen Ben Yitzhak, si fa sempre più leale. Una lealtà che nessuno avrebbe potuto immaginare.

RECENSIONE (Sara Galignano per Cinemaitaliano.info, 12/3/2015):

The green prince - Il figlio di Hamas è più cose e molte cose non è.
È una lunga intervista a due voci che raccontano l’unicità della loro relazione e la fiducia sulla quale è arrivata a basarsi (un reclutatore dello Shin Bet - (servizi segreti interni israeliani - e il suo “reclutato”, figlio di un leader di Hamas che decide di collaborare con il “nemico”).
Non è la rappresentazione di ciò che accade in Israele e in Palestina da quasi cinquant’anni.
È l’occasione per vedere alcune (selezionate) immagini di repertorio - in alcuni casi quasi introvabili - delle manifestazioni della Cisgiordania durante la seconda Intifada e successive.
Non è il luogo dove trovare le origini di tutto ciò che accade in queste immagini e in quegli avvenimenti.
È la voce di un palestinese che si ribella alla violenza perpetrata da alcuni suoi connazionali.
Non è il resoconto che mostra tutti i luoghi in cui – di qua e di la del muro – si annida e si sfoga la violenza.
Sul fronte dello sguardo “che documenta” la rappresentazione è dunque originale e universale (ci sono persone che a volte riescono ad andare oltre i meccanismi nei quali sono inseriti) ma al tempo stesso parziale: nell'ampliare il racconto al contesto per ambientare la duplice intervista, si poteva allargare lo sguardo oltre le immagini scelte, che riportano lo stereotipo (fin troppo sclerotizzato) dei palestinesi gretti e terroristi (virtuosa eccezione, il protagonista sceglie di collaborare con Israele e di vivere negli Stati Uniti dove scrive un libro sulla sua esperienza) contro gli illuminati israeliani che agiscono solo quando obbligati alla difesa. Ma questa sarebbe stata un’altra storia, e bisogna volerla prima vedere e poi scrivere.